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Calcio, solidarietà, gruppo. Ce ne sarebbero tante ma sono queste le prime parole che vengono in mente pensando ad Andrea Tomasi. Una vita bella piena la sua, quasi interamente dedicata al prossimo, che sia il bambino di cinque anni che non si sa allacciare le scarpe all’anziano della casa di riposo a cui strappare un sorriso. È rimasto tra i pochi pionieri che nel 1967 diedero vita al G.S. San Pietro e da allora il neroverde è la sua divisa. «Da giovane ho passato più tempo all’oratorio che a casa – ricorda – andavamo noi a sollecitare il prete ad aprire il portone. Da lì si è fatta strada la passione per il calcio, che dopo entrava nella tua vita perché i compagni di squadra diventavano i tuoi migliori amici. Nella mia carriera ho sempre fatto l’ala destra con il 7 sulle spalle – prosegue Tomasi – dal punto di vista atletico ero forte e a 15 anni mi richiese il Vicenza, un sogno. La prima tuta l’ho avuta con i biancorossi, prima avevo sempre fatto allenamento con pantaloncini e maglietta. Quando ero con la Primavera facevamo il campionato “riserve” del mercoledì e giocavo con quelli della prima squadra che non erano scesi in campo la domenica. Con Attilio Berti sono rimasto grande amico, spesso mi dava un passaggio per tornare a casa, come anche Anzolin. E poi c’era Ezio Vendrame, abbiamo legato molto. Ci assomigliavamo perché portavo anch’io i capelli lunghi e avevo un carattere esuberante come il suo, mi piaceva suonare la chitarra e fare baldoria ». Finita l’esperienza con la R sul petto Tomasi va a Legnago, squadra satellite dei biancorossi, in IV serie: «Ho giocato con Mario Maraschi nel suo ultimo anno di carriera mentre l’allenatore era Gigi Menti». Poi però un brutto infortunio mette praticamente fine alla sua carriera: «Mi sono rotto i legamenti crociati e a quel tempo le cure non erano quelle di oggi. Ho provato a giocare ancora ma ogni quindici giorni il ginocchio mi abbandonava e ho dovuto smettere. Così ho deciso che avrei fatto l’allenatore ma dopo aver portato per la prima volta il San Pietro in Seconda mi sono reso conto che il calcio dei grandi non mi interessava più perché mi pareva che in mezzo ci fossero troppi interessi. Da noi nessuno voleva allenare i bambini, così ho deciso di farlo io, anche per perché lavorando in Posta avevo i pomeriggi liberi. Nel 1985 abbiamo istituito la scuola calcio che da allora gestisco ininterrottamente. E il mio motto è: nessuno escluso. Anche se ci sono bambini meno bravi di altri o che non possono pagare la quota noi accogliamo tutti, io penso che giocare sia un diritto che non si può negare a nessuno». Non bastasse questo impegno, Andrea Tomasi ne ha aggiunto con il tempo un altro di grande valenza sociale. Con il suo ex allenatore Sandro Savegnago hanno messo in piedi il Gruppo Solidarietà Montecchio, un’associazione che ormai da trent’anni aiuta materialmente e moralmente le famiglie bisognose del territorio e gli ospiti della casa di riposo. «Quando c’è bisogno del mio aiuto io ci sono» dice Tomasi, straordinario esempio di dedizione alla causa.

 

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