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A metà degli anni ‘60, quando avevo 5/6 anni, per noi bambini c’era solo il calcio e tutti compravano le figurine in edicola, 10 lire a pacchetto. Mio padre faceva parte del club Biancorosso ed ogni domenica mi portava allo Stadio Menti per vedere il Lanerossi Vicenza. Quando invece giocava in trasferta, dopo essere andati al cinema San Pietro, ci si fermava al Bar Moderno e dalla finestra guardavamo dentro, dove erano appesi i risultati e si sperava, sempre con il cuore in gola, che il risultato fosse positivo. Insomma per essere chiari il Lanerossi Vicenza era la mia squadra del cuore e non ci sarebbe stato posto per nessun’altra squadra, ma probabilmente non avevo fatto bene i miei calcoli. Già allora noi bambini frequentavamo il ricreatorio, soprattutto per le piccole feste di Carnevale, dopo la dottrina oppure per giocare a calcetto dentro alle sale. Giocavamo sempre sul piccolo prato che si trovava di fronte agli attuali spogliatoi ed insieme a noi spesso scendeva in campo anche Don Elio. Una volta realizzato il campo, alla domenica mattina si disputava il ‘torneo delle vie’ e nelle sere di estate si andava a vedere il torneo notturno.  Fu proprio in una di quelle interminabili partite che un certo Sandro mi disse: “Perché non vieni a giocare a San Pietro?”, Accettai il suo invito e a settembre, al mio primo allenamento incontrai ragazzi che già conoscevo, ma anche altri come Carlo e Mauro che ora chiamo rispettivamente Presidente e Segretario. All’epoca c’erano soprattutto delle regole ad esempio: andare a messa prima della partita, non bestemmiare, non fumare, portarsi rispetto ma c’era una in particolare che proprio non sopportavo: quella di passare la palla anche ai propri compagni ed io, che ero cresciuto giocando in mezzo alla strada, non c’ero proprio abituato. Così è iniziata la mia avventura a San Pietro più di 40 anni fa, dove ci ho messo tutta la mia grinta, la voglia di stare con gli altri e di combattere per un risultato.  Adesso seguo una squadra di giovani che spesso e volentieri li coccolo perché in ognuno di loro rivedo me stesso quando avevo la loro età. Quando Carlo Boschetti, il nostro presidente, mi ha chiesto di scrivere qualcosa per questo nostro cinquantesimo anniversario ero indeciso, tra questo racconto o un altro. Sarebbe stato un elenco di almeno un migliaio di nomi e cognomi di tutti quei meravigliosi amici con cui ho calcato il campo storico di San Pietro che mi sono rimasti nel cuore, soprattutto chi non c’è più, però avrei di certo dimenticato qualcuno e non sarebbe stato corretto. Orgoglioso e fiero del mio San Piero.