Romeo Illoveri racconta con passione e affetto i suoi ricordi, come giocatore del GS. S.Pietro. Dalle sue parole traspare chiaramente la nostalgia dei tempi andati ma anche la sua capacità di prendersi in giro e la sua contagiosa allegria.
Volete sapere come cominciò la mia avventura con il G.S. San Pietro?
Iniziò un pomeriggio di fine estate quando mio padre mi suggerì di andare al campo sportivo per allenarmi con alcuni ragazzi.
Mi ritrovai un po’ spaesato, ma dopo qualche calcio scambiato con dei compagni di scuola, si presentò Carlo, un giovane aiuto-allenatore, il nostro attuale presidente, che mi mise subito a mio agio. Fino ad allora, avevo calciato un pallone soltanto per strada o nel cortile antistante la scuola e ritrovarmi in un autentico campo da calcio, con un vero allenatore, fu alquanto suggestivo e gratificante.
I ricordi dei miei primi campionati, mi vedono sfrecciare lungo la fascia con il n. 7 nel ruolo di ala destra. Sfruttando la mia unica arma vincente, la velocità, riuscivo pure a scappare dalla marcatura dell’avversario e segnare qualche goal. Con il passare degli anni, le scarse doti tecniche emersero inesorabilmente ed il mio ruolo, retrocedeva sempre di più. Alla fine della mia carriera calcistica arrivai ad indossare la maglia con il n.2, quella riservata al terzino destro; non ero certo un provetto calciatore!
Ricordo che durante una delle prime partite di campionato, a Maglio di Sopra, alla nostra squadra venne concesso un rigore. Mio padre, che al tempo era l’allenatore, mi chiese insistentemente di battere la palla, ma io mi rifiutai. Sfortuna volle, che il mio compagno incaricato del tiro, sbagliò e dopo due minuti, mi ritrovai sostituito e cacciato negli spogliatoi. Ah… cosa non fanno i padri per i propri figli!
E che dire poi delle trasferte? Erano un spasso!
In diverse occasioni ci spostavamo con il pullman. Il divertimento che noi giovani calciatori attendavamo con gioia, era sicuramente il risultato della partita, ma ancor di più, la nostra destrezza nel viaggio di ritorno, a rimanere in piedi, senza cadere, nel corridoio della corriera.
Altro che le norme di sicurezza attuali!
Rammento poi con nostalgia quando si giocava in casa, era consuetudine trovarci con un certo anticipo. Il nostro compito infatti, era quello di aiutare i dirigenti e gli allenatori a preparare il terreno di gioco. C’era chi si prodigava a segnare le linee del campo, chi installava, per poi togliere a fine partita, le reti delle porte, altri invece si occupavano dei palloni e del the per la pausa.
Quanto entusiasmo ci animava!
A mio parere, il gruppo era composto da promettenti giocatori, ma non si ne come ne perchè, le partite di allenamento e di campionato con la nostra squadra B, erano sempre una “Disfatta di Caporetto”!
A 16 anni passai in prima squadra, non tanto per le mie doti calcistiche, ma per carenza di giocatori. Quattro o forse cinque di noi, vennero trasferiti dagli allievi direttamente in terza categoria. Tutti contenti per la promozione, non immaginavamo ancora, ahimè, che ciò avrebbe comportato un lungo periodo in panchina.
Nelle mie rare presenze in campo, sono riuscito anche a segnare nientemeno che… un rigore! Al momento di battere, mi ritrovai l’unico giocatore della mia squadra nei pressi dell’area. I miei compagni se l’erano data a gambe perché partita dopo partita, i rigoristi sbagliavano e non ne volevano sapere di fare altre meschine figure. Qualcuno volle, probabilmente mio padre, che fossi io a calciare. Mi piazzai davanti alla porta e tirai quel rigore quasi a occhi chiusi. Goal! Eravamo a Gambugliano e portammo a casa la vittoria per 2 a 0.
Che soddisfazione!
E come non ricordare il campionato 1986/87 che ci portò alla mitica promozione in seconda categoria?
E poi ancora i ricordi legati a tutti i venerdì sera quando dopo il consueto allenamento e l’immancabile pizza, ci ritrovavamo a casa di qualche giocatore a cantare, giocare a carte arrivando spesso e volentieri all’alba. Il nostro gruppo faceva proprio la differenza nella mia vita..
Era una festa continua, una gioia grande nel stare insieme.
Con i ricordi potrei andare avanti all’infinito ma, mi concedo ancora, solo questo legato a un fatto memorabile: dopo gli immancabili festeggiamenti per la promozione, all’alba di un sabato, partimmo in quattro per onorare il voto fatto dal nostro allenatore Andrea.
Il voto consisteva nell’arrivare a piedi a San Marco.
Capite che quello che ci aspettava non era un’impresa facile. Io scortai in bici i tre altri “volonterosi”: Andrea, Fabrizio e Mirko, che coprirono un buon tratto di strada con grande spirito atletico, ma poi il caldo afoso del giorno prese il sopravvento e ci ritrovammo alle porte di Mestre praticamente schiattati.
Fu il solito amico, onnipresente, Angelo Giuriato a soccorrerci. Ci accompagnò, con la sua auto, fino a Venezia, con sosta sul ponte della Libertà e in piazza San Marco per le foto di rito, a testimonianza dell’impresa quasi compiuta.
Dopo aver militato per dieci anni in prima squadra, decisi che era giunto il momento di appendere le scarpe al chiodo. Purtroppo a ogni partita cominciavo ad avvertire qualche piccolo acciacco e la voglia di trascorrere delle domeniche diverse, prese il sopravvento.
Con gli anni il gruppo del GS si è spesso rinnovato conservando però lo spirito dei vecchi tempi in cui la differenza non la fa il campo, ma lo scambio di battute, di idee, di passioni condivise.
Quando incontro, i ragazzini di allora, oggi adulti, o le persone conosciute nel corso degli anni, anche se talvolta mi sfugge il loro nome, rivivo con piacere e nostalgia esperienze entusiasmanti ed indimenticabili, di gioco, di autentico spirito sportivo e di profonda amicizia.
Sono cresciuto e mi sono formato con il G.S. San Pietro e di ciò ne vado molto fiero.
#orgogliosiefieri #neroverdi